Adozioni gay: testi scientifici a favore.
La tematica delle adozioni gay è sempre stata scottante.
Psicologi e pediatri si danno battaglia ormai da decenni, cercando di difendere gli interessi di una categoria o dell'altra.
Purtroppo le "scienze" sociali non brillano per oggettività e abbiamo assistito a un proliferare enorme di studi contrastanti che -in definitiva- complicano le idee più che chiarirle.
Sottolineo quanto questa vulnerabilità che vede la Scienza inginocchiarsi davanti alla società mi disturbi, nonostante Horkheimer ci avesse avvisati.
In un'altra nota ho elencato circa 200 studi scientifici recenti contrari all'adozione gay.
Molti rispondono affermando che esistono circa 70 studi a favore.
L'onestà intellettuale mi impone di analizzare anche questi.
Come mai non li ho elencati?
Semplicemente perché sono già stati confutati ufficialmente!
Uno dei nomi più odiati dagli LGBT è quello del sociologo Mark Regnerus, dell'Università del Texas.
Egli ha mostrato gravi irregolarità negli studi a favore dell'adozione gay (campioni scarsi e non rappresentativi, auto-certificazioni...) e ha risposto con un enorme studio (il più grande condotto fino a ora) che ha coinvolto 3000 persone dai 18 ai 39 anni.
Tra questi, 175 erano figli di donne coinvolte in una relazione omosessuale e 73 di uomini nella stessa situazione.
Vari i campioni di controllo: figli di genitori conviventi, separati, risposati; figli di genitori single; figli adottivi.
Regnerus non critica e non espone giudizi morali: si limita a riportare i dati.
Vengono evidenziate ben 25 differenze.
Le associazioni LGBT non possono accettare questo risultato e denunciano il sociologo.
Per loro sfortuna, il responso finale della commissione d'inchiesta dell'Università del Texas assolve Regnerus:
"La ricerca è stata gestita in modo coerente ed è in linea coi requisiti normative federali, che regolano le indagini sulla cattiva condotta nella ricerca".
Sconfitte, le associazioni LGBT proveranno a rigirare la frittata sottolineando che Regnerus non ha espresso un giudizio definitivo... Cosa che il sociologo non ha mai voluto fare.
Interessante anche lo studio comparso nel 18° volume di "Duke Journal of Gender Law & Policy" del 2008, firmato da Richard E. Redding.
Qui leggiamo che la letteratura a favore dell'adozione gay è invalidata da un pregiudizio favorevole e che la famiglia tradizionale rimane l'ambiente ideale.
Viene anche evidenziato un altro dato: la comunità gay ha -statisticamente parlando- tassi alti di depressione, ansia e abuso di sostanze.
Aggiunge che i bambini cresciuti da coppie gay tendono a sviluppare un orientamento omosessuale.
Ancora più spinoso -e quindi ignorato dagli LGBT- è il lavoro di Loren Marks, ricercatrice dell'Università della Louisiana.
L'autrice ha analizzato dal punto di vista metodologico i 59 studi APA a favore dell'adozione gay, ovvero tutti quelli esistenti fino al 2012.
Sono emerse gravi irregolarità che invalidano queste ricerche.
Nello specifico:
-dei 59 lavori, 26 mancano di analisi comparativa: in pratica vengono descritte le vite dei bambini adottati da omosessuali,
senza fare un confronto con quelli inseriti in famiglie tradizionali.
Ne rimangono 33.
-13 lavori confrontano i nuclei gay con ragazze madri o con donne divorziate.
Tale campione di riferimento viene chiamato disonestamente "eterosessuali".
Ne rimangono 20.
-20 lavori non specificano quali tipi di famiglia eterosessuale sia presa in considerazione.
Sposati? Conviventi? Coppie di fatto? Coppie occasionali? Coppie divorziate? Figli naturali o adottati?
Nessuno lo sa.
Non rimane neppure uno studio.
-BONUS: gli omosessuali presi in considerazione sono solo donne lesbiche, bianche, ricche, con alto grado di istruzione.
Le "famiglie" eterosessuali prese in considerazione sono principalmente genitori single poveri.
E' estremamente chiaro dunque che tutti questi studi non sono validi.
Oltre a questi lavori confutati, sono stati condotti sostanzialmente solo nove studi (più volte ripresi e rimaneggiati).
Analizziamoli.
Il primo è semplicemente una raccolta dei pareri che i "genitori" gay hanno sul sistema pediatrico americano.
Paradossalmente paiono essere favorevoli, nonostante l'American College of Pediatricians affermi:
"Concedere lo status di matrimonio legale alle unioni omosessuali sarebbe un tragico errore di calcolo, che porterà danni incalcolabili alla società, alla famiglia e ai bambini".
Forse avrebbero dovuto informarsi meglio...
Rimane il fatto che è impossibile classificare questo lavoro come studio scientifico.
Il secondo e il terzo sono amicus brief (saggio presentato in tribunale da parte di un terzo non parte in causa) della contestata APA.
Il primo riguarda una singola madre lesbica (già madre di un bimbo) alla quale era stato negato l'affidamento; il secondo riguarda un singolo padre gay al quale la moglie voleva impedire le visite del figlio alla presenza del nuovo "compagno" omosessuale.
Mi pare evidente che neppure questi abbiano le caratteristiche dello studio scientifico.
Arriviamo finalmente al quarto: un vero studio, a opera di Gold, Perrin, Futterman Friedman.
Gli autori sono favorevoli all'adozione gay, ma onestamente ammettono che il loro studio non ha valore perché viziato da:
"campioni di piccole dimensioni, selezione di soggetti non casuale, una gamma ristretta di contesti socioeconomici e razziali e la mancanza di follow-up longitudinali".
Ora mi chiedo: perché citare uno studio che gli autori stessi non riconoscono?
Il quinto lavoro, a opera della dottoressa Fiona Tasker, è sostanzialmente una rassegna dedicata a due studi inglesi.
Analizziamoli.
-Il primo mette a confronto 37 bambini cresciuti da coppie lesbiche e 27 bambini cresciuti da madri single.
-Il secondo confronta 30 bambini cresciuti da coppie lesbiche con 42 bimbi cresciuti da madri single, 41 nati da inseminazione artificiale.
Tutte le famiglie selezionate erano composte da volontari.
Appaiono evidenti diverse anomalie.
Prima di tutto si evita accuratamente di prendere in considerazione le famiglie tradizionali: è un confronto che fa paura.
Siamo inoltre ben lontani dai 3000 campioni dello studio di Regnerus... Ma non basta!
Il metodo d'indagine è la famigerata intervista semi-strutturata fatta alle madri.
Un po' come chiedere all'oste se il vino è buono.
Nonostante tutti questi biechi trucchetti, Tasker dovrà mestamente ammettere:
"è emersa una correlazione positiva tra autostima dei bimbi e presenza del padre".
Il sesto studio (il più citato) è una autocitazione della dottoressa Charlotte Patterson, nota attivista lesbica, che analizza da sola tre suoi studi.
Già questo forse basterebbe, ma non facciamoci prendere dal pregiudizio (e dallo sconforto) e procediamo anche noi con un'analisi di questi studi.
-Il primo è una semplice raccolta di interviste di un "campione non rappresentativo" di suoi amici, senza alcun gruppo di controllo.
Possiamo ignorarlo.
-Il secondo mette a confronto 55 coppie lesbiche con 25 famiglie eterosessuali che hanno avuto un figlio attraverso la fecondazione eterologa.
Ancora una volta si evita accuratamente la famiglia tradizionale.
-Il terzo (finalmente!) mette a confronto 44 coppie lesbiche e 44 madri in relazioni stabili eterosessuali.
Il campione è estremamente ridotto, ma abbiamo un confronto.
Il risultato?
Patterson ammette che ci sono differenze, ma meno calcate rispetto a quelle determinate dalla ricchezza della famiglia.
Mi pare un correre ai ripari.
E' importante aggiungere un dato: nel 1977 il Tribunale della Florida condanna la dottoressa:
"L'imparzialità della dottoressa Patterson è diventata discutibile quando prima del processo si è rifiutata di consegnare ai suoi legali le copie della documentazione da lei utilizzata negli studi...
La dottoressa Patterson ha testimoniato la sua propria condizione di lesbica e l'imputata ha sostenuto che la sua ricerca era probabilmente viziata dall'utilizzo di amici come soggetti per la ricerca stessa.
Tale ipotesi ha acquisito ancor più credito in virtù della sua riluttanza a fornire i documenti ordinati."
E' lecito chiedersi: questo studio esiste?
Il settimo studio è una raccolta di interviste a genitori omosessuali.
Non ha alcun valore, ma lo cito perché -caso unico!- prende finalmente in considerazione anche gli omosessuali maschi.
Pare che le ricercatrici lesbiche non amino particolarmente i gay... Ma non usciamo dal seminato.
Ottava fonte: una rassegna di 17 ricerche sulla "genitorialità" che prendono in considerazione esclusivamente donne lesbiche
"giovani, bianche, di classe sociale medio-alta, di istruzione elevata, residenti in aree urbane e aperte circa la loro condotta sessuale".
Campione minimo e selezionatissimo.
Ovviamente senza campione di confronto.
Ultimo: un technical report dell'American Academy of Pediatrics, uno studio della dottoressa Ellen Perrin.
Lei stessa ammette:
"I campioni piccoli e non rappresentativi presi in considerazione e l'età relativamente giovane della maggior parte dei bambini suggeriscono qualche riserva."
Nonostante ciò, immediatamente dopo afferma che non vi è alcuna differenza fra i bambini cresciuti da omosessuali e quelli inseriti in una famiglia tradizionale.
Suona contraddittorio.
Un po' come dire che non ci sono i dati, ma deve essere così per forza...
Tutti gli studi sono stati dunque confutati.
A questo punto però vorrei fare una piccola digressione: da dove nasce questa "urgenza" di dimostrare che l'omosessualità avrebbe cause biologiche e che quindi sarebbe normale l'adozione gay?
Varie le radici: si parte dal movimento femminista alla Teoria Queer di Teresa de Lauretis (oggi conosciuta come Ideologia Gender).
Un testo fondamentale è After the Ball, del 1989.
Qui possiamo leggere:
"Asserire pubblicamente che l'omosessualità potrebbe essere una scelta, significherebbe scoperchiare il verminaio intitolato 'scelta morale e peccato' e dare ai religiosamente intransigenti un bastone con il quale batterci.
Gli eterosessuali devono pensare che sia naturale per alcune persone essere omosessuali, come lo è per altre essere eterosessuali; con questo, perversione e seduzione non c'entrano... è semplicemente una questione di probabilità -una su dieci- se qualcuno diventa omosessuale...
ogni eterosessuale deve essere portato a pensare che lui stesso avrebbe potuto facilmente nascere omosessuale."
Senza voler cadere in facili complottismi, direi che tale citazione è inquietante.
Oggi come oggi, la Scienza ha già confutato questa idea.
Nessuno nasce omosessuale e non esiste una causa fisica, ma solo psicologica.
L'ipotesi ormonale (sostenuta da Hitler) non ha trovato riscontri.
Lo studio del cervello ha svelato grandi differenze tra le strutture delle connessioni neurali maschili e femminili, che non cambiano né con l'orientamento né con i trattamenti ormonali impiegati nelle "transizioni".
Anche l'idea di un gene gay -evocato sin dagli anni '60 del XX secolo- è stata ormai totalmente abbandonata, dopo l'interessante studio di Brendan Zietsch dell'Università di Queensland.
Le varianti genetiche, chiamate SNP (polimorfismo a singolo nucleotide), non riuscirebbero a predire il comportamento sessuale delle persone, in quanto diffuse anche tra chi dichiara di non aver mai provato attrazione per persone dello stesso sesso.
D'altro canto già lo studio dei gemelli monozigoti aveva preannunciato questo risultato.
La conclusione?
Non si nasce omosessuali, al limite lo si può diventare.
Il peso maggiore pare averlo l'ambiente.
Per questo è vitale per gli LGBT cercare di diffondere la propria ideologia.
A conti fatti si può parlare di natura?
Dipende da cosa si intende con questo termine.
Che piaccia o no, l'omosessualità esiste.
E' dunque naturale?
Può essere.
Attenzione però: naturale non vuol dire positivo.
E' negativa?
Occorre liberarsi da preconcetti e analizzare serenamente la situazione.
La mia condanna non va tanto agli omosessuali, quanto a chi diffonde dati falsi per portare acqua al proprio mulino.
Specialmente se ciò è fatto sulla pelle dei bambini.
§M§