Multiverso vs Aristotele.
In questa nota vorrei approfondire un tema già accennato più volte:
il Multiverso può negare la meraviglia per l'esistenza e quindi Dio?
Un tema caro ai credenti è un'interpretazione del Principio Antropico: l'Universo pare essere regolato su delle costanti incredibilmente improbabili al fine di ospitare la vita.
Come disse il fisico Brandon Carter nel 1973: "…anche se la nostra situazione non è centrale, è inevitabilmente per certi versi privilegiata."
Ingiusto non rimanerne stupiti perché la curiosità è madre della Scienza.
Se l'Universo ha davvero queste caratteristiche, come mai non è brulicante di vita?
Come disse il fisico Enrico Fermi: "Se l'Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?"
Anche senza scomodare le civiltà superiori e limitandoci alla vita, esiste una spiegazione.
Secondo la Fisica ci sono fin troppi pianeti, secondo la Biologia non sono comunque abbastanza perché la vita è improbabile: un filamento di DNA utile ha -statisticamente parlando- pochissime possibilità di esistere.
Rimane però il discorso del Principio antropico applicato all'Universo (decine di fattori, fra i quali la terribile costante cosmologica che lega energia a espansione dell'Universo e che non riusciamo a calcolare).
Possibilità atea: il Multiverso.
Se esistessero infiniti universi con caratteristiche diverse, immancabilmente dovrebbe essercene uno adatto alla vita.
Questa teoria però non ha prove.
Misurando solo la costante cosmologica, abbiamo una precisione di 10^ -124 unità di Planck, quindi sono richiesti minimo 124 universi.
Si prova a spiegarlo con scenari teorici come la Teoria delle stringhe, la Supersimmetria, gli Spazi di Kalabi-Yau.
Questi ultimi calcolano le possibili dimensioni derivate dalla fluttuazione quantistica nel momento dell'inflazione (ammesso che l'inflatone esista).
Parecchie teorie non provate che creano uno scenario a 10^500 possibilità, non analizzabile matematicamente.
In pratica dobbiamo avere fede in numerose idee non provate e affidarci spesso alla Fisica Quantistica che però si arrende al caos (anti-Scienza).
Lo scenario che si viene a creare e che forse meglio spiegherebbe il tutto è un "Universo Matrioska" (effetto tunnel delle particelle applicato a diversi universi).
Questo appoggiarsi al caso e a teorie non provate (e alcuni scienziati passano la vita a creare scenari basati su esse!!!) non è più Scienza.
In compenso alcune religioni antiche (tipo quelle pellerossa e quelle indiane) erano giunte a conclusioni simili millenni fa con il Panenteismo: Dio sarebbe immanente nell'Universo, ma allo stesso tempo lo trascenderebbe.
Tra l'altro, se l'idea del Multiverso dovesse essere corretta, la prova dell'inesistenza di Dio di Hawking (mutuata da Agostino) fondata sull'inesistenza del tempo prima del Big Bang sarebbe confutata.
Sempre ammesso che esista il tempo, che sia unico e che Dio non possa agire al di fuori di esso.
Il Multiverso è eterno?
Abbiamo ovviamente due opzioni.
Non lo è? Bisogna allora interrogarsi sulla sua origine.
E' eterno? In questo caso ci aiuta Aristotele!
Aristotele non ha mai proposto esplicitamente prove dell’esistenza di Dio, al contrario dei filosofi della Scolastica.
Tuttavia, questi ultimi si sono spesso richiamati ai suoi argomenti.
Nel primo trattato, quello della Fisica (libro 8°, capitoli IV e V), Aristotele cerca la prima causa motrice,
cioè la causa del movimento e sostiene che “tutto ciò che si muove è mosso da qualche cosa”.
1) Il movimento pone l’esigenza del “perché”.
Secondo Aristotele, il movimento (inteso non solo in senso spaziale, ma come qualunque tipo di mutamento o novità),
suscita la domanda del “perché” qualcosa si muove. La causa del “movimento”, della “novità”, non può essere, ovviamente,
la cosa stessa che si muove.
Deve essere ricercata in altro... e questo altro, se si muove, è mosso da altro ancora!
Quindi, non potendo procedere a ritroso all’infinito, bisogna risalire per forza a una causa prima.
2) Questa causa prima dev’essere immobile.
Secondo il filosofo, mutare significa passare dalla potenza all’atto e una cosa, per essere mossa dev’essere in potenza,
per muovere deve essere già in atto.
Quindi: non si può essere contemporaneamente in potenza e in atto e dunque la prima causa motrice è per forza immobile,
è un motore immobile.
Nel secondo trattato, quello della Metafisica (il più famoso, libro 12°, capitolo VI), si concentra invece sulle uniche due cose che sono eterne:
il movimento e il tempo.
1) Il movimento è eterno.
Non si può ammettere che il movimento (cioè secondo lui qualunque tipo di cambiamento) abbia avuto un inizio e una fine.
Se avesse un inizio, cioè se ci fosse stato un passaggio dal “prima” (in cui non c’è) al “dopo” (in cui c’è),
questo sarebbe un mutamento esso stesso.
Non ci può nemmeno essere una fine perché, se esiste il passaggio tra il “prima” (in cui c’è) e il “dopo” (in cui non c’è più),
allora questo passaggio finale sarebbe un mutamento esso stesso.
Dunque il mutamento è eterno.
2) Il tempo è eterno.
Anche per il tempo, se ci fosse un inizio, significherebbe l’esistenza di un “prima” in cui il tempo non c’era,
ma definire un “prima” è una definizione temporale.
Lo stesso per la fine: l’esistenza di un “dopo” è anch’esso un tempo.
3) Il movimento eterno ha bisogno di una causa.
Occorre un motore che muova continuamente l’Universo e che non possa smettere mai.
Questo motore è immobile (non muta) ma è attivo perché svolge un’attività.
Questa attività è il pensiero: solo il pensiero infatti (un pensiero fisso su una verità: 2+2=4, ad esempio) non produce movimento.
4) Il motore pensa ed è attivo, allora è dio.
Il pensiero è una forma di vita, infatti ciò che non vive non pensa.
Dunque questo motore immobile, se pensa, è vivente.
Se è vivente ed è eterno allora è un dio.
Non è Dio, non usa mai questa parola con la maiuscola e senza articolo.
Dice un dio. Il primo motore immobile allora è dio, il dio di Aristotele, il principio supremo che governa l’universo.
Siamo giunti dunque a una conclusione.
Se il Multiverso esiste ed è eterno, Aristotele ci conduce a Dio.
Se non è eterno o non esiste, il Principio Antropico ci conduce a Dio.
"Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo, ma tutta la natura ci grida che esiste."
[Voltaire]
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